Schiaffo alla figlia: la Cassazione conferma la condanna e chiude il caso

Schiaffo alla figlia: la Cassazione conferma la condanna e chiude il caso
Schiaffo alla figlia: la Cassazione conferma la condanna e chiude il caso

La Corte di Appello di Campobasso, con una decisione clamorosa, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Isernia in merito a un caso di violenza domestica. In particolare, la Corte ha riqualificato il reato inizialmente contestato ai sensi dell’art. 571 c.p. in lesioni aggravate dal rapporto parentale, ai sensi dell’art. 582 c.p., riconoscendo che il danno subito dalla vittima consisteva in un ematoma alle palpebre dell’occhio sinistro, con una prognosi di quattro giorni, causato da uno schiaffo inflitto dal padre alla figlia minore al termine di una discussione.

Clamoroso in Cassazione: niente sconti per il padre violento!

L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione denunciando violazione di legge e vizio di motivazione, lamentando il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p.. Secondo la difesa, il comportamento dell’imputato avrebbe presentato i requisiti di lieve entità in base a vari fattori:

  • Il contesto in cui il fatto è maturato, caratterizzato da una situazione di tensione familiare e dal comportamento oppositivo della minore.

  • L’esiguità delle lesioni, ritenute di lieve entità.

  • L’unicità dell’episodio, senza evidenza di un’abituale condotta violenta.

Sentenza shock: la Cassazione boccia il ricorso!

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, facendo riferimento alla consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (S.U. n. 13681 del 25/02/2016). In particolare, ha evidenziato che:

  1. L’art. 131-bis c.p. considera le modalità della condotta e non solo la tipicità del reato. La norma è finalizzata a valutare la gravità complessiva dell’atto, il contrasto con la legge e il conseguente bisogno di pena.

  2. La valutazione deve basarsi sulla realtà storica del fatto, considerando sia gli aspetti oggettivi che soggettivi del comportamento dell’agente. Non si tratta solo di verificare la conformità del reato al tipo penale, ma di analizzare l’entità complessiva del disvalore del fatto.

  3. Nel caso specifico, la Corte d’Appello ha già fornito una motivazione ampia e dettagliata sul diniego della non punibilità, motivazione che il ricorso ha semplicemente reiterato senza apportare nuovi elementi rilevanti. Il ricorso, quindi, è stato ritenuto privo di specificità, come richiesto dall’art. 581 c.p.p.

Ecco perché questa sentenza cambia tutto!

Questa decisione della Cassazione conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in tema di particolare tenuità del fatto. L’art. 131-bis c.p. non può essere applicato automaticamente in base all’entità delle lesioni, ma richiede una valutazione complessiva delle modalità del comportamento.

Per gli operatori del diritto, questo caso rappresenta un importante richiamo alla necessità di motivare in modo specifico la richiesta di esclusione della punibilità, evitando mere riproposizioni dei motivi di appello.

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